lo scavo di nuovi pozzi per l’acqua potabile in Zambia – zona di Chipata.

Durante il mio primo viaggio in Zambia, nel Dicembre del 2011, ho conosciuto padre Francesco Valdameri, un missionario Montfortano veterano dell’Africa. Sono più di 60 anni che vive laggiù, ed ha fondato ben 6 missioni. Infatti i missionari fanno questo: arrivano in un posto dove non c’è nulla, fondano una missione, costruiscono una chiesa, la canonica, gli alloggi per i catechisti e per gli ospiti, i bagni e le docce,  i magazzini, gli orti, il serbatoio dell’acqua, spesso la scuola e la biblioteca, organizzano il coro (molto importante, in Africa!), l’oratorio, il catechismo, l’assistenza ai poveri e agli anziani, il circolo delle pie donne, il mulino, il lavoro volontario nei campi della missione, etc. etc.  Quando poi tutto funziona ben bene, e soprattutto i fedeli sono in grado di assicurare un abbondante e regolare flusso di elemosine, si fa una bella cerimonia e la missione passa alla diocesi, consentendo l’installazione nell’efficiente canonica già fornita di cuoco e perpetua di un grasso prete diocesano (ovviamente nero, data l’ormai cronica mancanza di vocazioni fra i bianchi), che si fa carico di prendere profitto di tutto quanto realizzato dall’alacre missionario di turno, che se ne va, carico solo della Grazia di Dio e spoglio del suo voto di povertà, a iniziare daccapo in un altro posto, spesso vivendo per i primi tempi sotto una tenda o in una capanna e lavandosi in un secchio con l’acqua della palude più vicina.   Ovviamente i missionari trovano anche il tempo per battezzare, celebrare matrimoni e convertire i pagani girando per i villaggi,  e venendo a contatto con tante situazioni di bisogno e di miseria, fanno anche di tutto per cercare di alleviare le sofferenze dei corpi, oltre che quelle (meno quantificabili) delle anime: ed ecco che padre Valdameri, con l’aiuto di generosi benefattori del suo paese d’origine (Pieranica, vicino a Crema), si è messo a costruire anche mulini (indispensabili per macinare il mais e gli altri cereali, che altrimenti venivano pestati in mortai di legno: lavoro lungo, sfibrante e che crea perdite e scarti), ponti e passerelle su torrenti (altrimenti impraticabili o molto pericolosi durante la stagione delle piogge) e soprattutto pozzi, dato che il problema dell’acqua potabile è di primaria importanza in tutta l’Africa, e non solo lì. Molte malattie facilmente evitabili dipendono dalla cattiva qualità dell’acqua, e spesso un pozzo può fare la differenza fra la vita e la morte per decine di bambini, che sono i più sensibili alle infezioni gastro-enteriche e alle parassitosi intestinali dovute all’acqua infetta. Inoltre avere una fonte d’acqua non troppo lontana dal villaggio allevia grandemente il già duro lavoro delle donne, che non devono più percorrere chilometri per riempire il secchio alla palude o al fiume, col costante pericolo di fare brutti incontri (basti pensare a coccodrilli, ippopotami o anche solo iene o maniaci del villaggio vicino) e col rischio di prendersi la malaria, perchè dove c’è acqua ci sono zanzare.

La faccenda dei pozzi mi aveva affascinato, e così mi sono dato da fare per trovare dei finanziamenti da donare alla Madzi Ali Moyo onlus (significa “L’acqua è vita” in chichewa, la lingua locale), la onlus di Pieranica che si occupa fisicamente della realizzazione dei pozzi. Un pozzo completo, del tipo “borehole” cioè trivellato (vedi la prima relazione per capire la differenza fra un pozzo “well” e uno “borehole“) con pompa a mano e piazzola in cemento, costa circa 3400/3.500 €,  cioè 3.600 $, prezzo del giugno 2012, ma anche nel 2018 il prezzo  non è cambiato nonostante la forte inflazione, a causa dell’apprezzamento dell’euro rispetto alla moneta locale.  Nell’agosto del 2012 sono tornato in Zambia con altri tre soci della  Madzi Ali Moyo, per controllare la corretta esecuzione degli ultimi pozzi commissionati ad una ditta locale, la ZIAS, appartenente ad indiani, come tutte le attività locali (meno quelle dei cinesi, ovviamente), e per trivellare il primo pozzo della nuova erigenda missione (la settima) di padre Valdameri, nella zona di Kafumbwe, non troppo lontano da Chipata e dal confine orientale col Malawi. Saggiamente infatti padre Valdameri, prima di costruire la missione, voleva sincerarsi che ci fosse l’acqua, perché “madzi ali moyo!” l’acqua è vita, e dove non c’è acqua una missione non conviene farla.

Nel gennaio del 2014 sono tornato a Kafumbwe, trovando che padre Valdameri aveva già costruito quasi tutto (mancava solo la grande chiesa, di cui stava ultimando le fondamenta) ed aveva avviato una fitta rete di relazioni con i villaggi circostanti. Come di rito i varii capo-villaggio, non appena erano venuti a conoscenza della tradizione europea di Babbo Natale, avevano avanzato una serie di  circostanziate domande d’aiuto (“applications”), fra le quali capeggiava in prima fila la richiesta di un pozzo. Le “applications” erano una trentina, ma i fondi della Madzi Ali Moyo bastavano soltanto per 4 o 5 pozzi all’anno, e quindi il mio compito era quello di visitare i vari villaggi per individuare i casi più urgenti e fissare le priorità per gli scavi, che sarebbero avvenuti durante la stagione secca, vale a dire da fine aprile a fine ottobre. Durante la stagione delle piogge le comunicazioni sono infatti molto difficoltose, perché le “strade” che uniscono i vari villaggi spesso non sono altro che delle vere e proprie piste, che si trasformano in vischiosi pantani e presentano  guadi pericolosi o addirittura proprio  impraticabili in caso di piena (infatti a dicembre abbiamo incontrato non pochi problemi, nonostante padre Valdameri avesse a disposizione un ottimo pick-up Toyota a 4 ruote motrici).

La prima relazione –  NUOVI POZZI DA REALIZZARE NELLA ZONA DI KAFUMBWE_ GENNAIO 2014 – ha appunto lo scopo di permettere la programmazione degli scavi della stagione successiva, scavi che sono poi stati effettivamente realizzati.

La seconda relazione invece – VERIFICA POZZI IN ZAMBIA_DICEMBRE 2018 – ha avuto lo scopo di controllare se i pozzi commissionati nella zona circostante la città di Chipata nell’anno 2017-2018 fossero stati realizzati a regola d’arte e se funzionassero correttamente, e soprattutto se esistesse veramente un comitato di manutenzione per ogni villaggio, che si facesse carico della tenuta in efficienza di ogni singolo pozzo. Come si vedrà leggendo la prima relazione, era infatti emerso nel 2014 che molti pozzi, sia in Zambia che in Malawi, non erano più in uso a causa di guasti alle pompe, che come tutte le cose realizzate dall’uomo bianco richiedono una periodica manutenzione, se non altro per cambiare le guarnizioni soggette a costante usura. Poiché nessuno in zona si faceva carico delle “costosissime” riparazioni (circa 200 $ per la revisione completa della pompa, mano d’opera e cambio guarnizioni comprese, da effettuarsi all’incirca ogni due anni), non appena le guarnizioni si usuravano si abbandonava un’opera costata 3.600 $ e si tornava ad attingere acqua (gratis) alla palude, né più né meno che come prima. Questo concetto di pozzo-usa-e-getta aveva rivoltato le mie sensibili budella di castiglionese taccagno (“i piùgiàtt da Castiùn”, così venivamo chiamati noi castiglionesi, dove per “piùgiàtt” si intendeva “pidocchiosi”, vale a dire maledettamente avari, o almeno ciò era quello che sosteneva la mia saggia nonna paterna, che si sentiva un po’ straniera perchè era emigrata a Castiglione dalla vicina frazione di Gornate) e così avevo raccomandato alla Madzi Ali Moyo di scavare un nuovo pozzo solo in quei villaggi che avessero garantito la presenza di un comitato di manutenzione sostenuto dal pagamento di un modesto contributo mensile da parte di ogni famiglia che usava il pozzo: pochi spiccioli per volta, che però dovevano consentire di raggranellare almeno 200 $ ogni due anni  (tutta l’Africa funziona a “comitati” , nessuno si prende singolarmente alcuna responsabilità in nessun campo o, anche se nominalmente lo fa, poi finisce che si incamera regolarmente i soldi e non fa più nulla. Con un “comitato” invece i membri si controllano l’un l’altro e perseguono il bene della comunità, non potendo fare altrimenti. È una cosa che capiscono bene tutti perché fa parte della loro tradizione – vedi consiglio degli anziani-  e per me va bene così).

E così è stato fatto, a quanto sembra con ottimi risultati.

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NUOVI POZZI DA REALIZZARE NELLA ZONA DI KAFUMBWE_ GENNAIO 2014

 

 

RELAZIONE VERIFICA NUOVI POZZI IN ZAMBIA – dicembre 2018

 

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