TESI - cap. 2.03 Sinonimie dell’Aloe

SINONIMIE DELL’ALOE (30):
ALOE VERA (LINNEO)
ALOE BARBADENSIS ( MILLER)
ALOE INDICA (ROYLE)
ALOE LITTORALIS ( KOEN ex BAKER)
ALOE OFFICINALIS (FORSSK)
ALOE VERA (BURM. F.)
ALOE VERA (N.L.BURMAN)
ALOE VERA (LINNEO)

Per l’aloe vera in alcuni testi si trovano anche le diciture “ALOE DELLE BARBADOS” e “ALOE PERFOLIATA VERA” e “ALOE VULGARIS “ (Lamarck)

ALOE ARBORESCENS (MILLER)
ALOE ARBOREA (MEDIC.)
ALOE FRUTESCENS (SALM. DICK)
ALOE FRUTICOSA (LAM.)
ALOE PERFOLIATA (MEYEN)

Aloe Arborescens – Puglia –agosto 2007
(Foto di Giuseppe Limido)

ALOE FEROX (MILLER)
ALOE HORRIDA (HAW)
ALOE MURICATA (HAW)
ALOE PSEUDOFEROX (SALM.DICK)

ALOE SUCCOTRINA (LAMARCK)
ALOE SOCCOTRJNA (D.C.)
ALOE SOCCOTRINA (SCHULT. F.)
ALOE SOCCOTRJNA (GARSAULT)
ALOE VERA (MILLER)
Bisogna porre particolare attenzione all’Aloe Vera di Miller, che NON è la stessa pianta dell’Aloe Vera di Linneo e altri.

AGAVE AMERICANA (LINN)
ALOE FOETIDA (CRANTZ)
ALOE AMERICANA (CRANTZ)
(Fonte: notiziarioA.M.A.- Associazione Maremmana Amici Aloe- Grosseto – N° 02/2004, Tesi di laurea del Dott. Ettore Severi: “Aloe vera e Aloe Arborescens- Uso nel corso dei secoli”)

L’aloe appartiene anche al gruppo delle “piante CAM” o “a metabolismo CAM” (Crassulaceam Acid Metabolism – metabolismo acido delle crassulacee); tali piante abitano in ambienti desertici, oppure in microhabitat aridi in zone più piovose ma comunque caldo-temperate (rocce o tetti, terrazzi, aiuole aride e con poco humus, terreni sassosi in prossimità del mare).

“Le piante CAM hanno un metabolismo atto al risparmio di acqua durante la siccità, pur mantenendo un’assimilazione fotosintetica netta; pertanto la fotosintesi ha un basso costo in termini di acqua.
Con le loro alte concentrazioni nei tessuti di C02, le piante CAM hanno fotorespirazione e fotoinibizione trascurabili, e ciò contribuisce ad un metabolismo lento ma privo di sprechi.
Le caratteristiche principali del tipico CAM sono:
– Stomi chiusi di giorno ed aperti di notte;
– Carbossilazione notturna, a partire dalla demolizione dell’amido, con produzione di acido malico che viene accumulato nel vacuolo (con sensibile abbassamento del PH di notte);
– Decarbossilazione del malato e ri-fissazione della C02 da parte della Subisco (ribulosio bifosfato carbossilasi/ossigenasi) durante il dì (a stomi chiusi), con sintesi di amido ed altri glucani “ (Alpi M., Pupillo S., Rigano P. 1992. “Fisiologia delle piante” — Erdises, Napoli —seconda ed., pag. 182-184).

L’aloe è una pianta perenne appartenenente al gruppo delle “xerofile”, che hanno la particolarità di poter chiudere gli stomi per trattenere l’acqua all’interno. L’aloe è in grado di non perdere acqua anche da eventuali ferite, dato che possiede una speciale sostanza autosigillante che al contatto con l’aria forma in pochissimo tempo una pellicola che cicatrizza la ferita. La stessa proprietà di cicatrizzazione è mantenuta anche dalle foglie staccate dalla pianta e mantenute in luogo freddo (2-3°) per 10 o più giorni. Anzi c’è chi consiglia di tenere le foglie in frigorifero per una decina di giorni prima di utilizzarle, dato che le proprietà benefiche, soprattutto quelle rigenerative, ne risulterebbero addirittura fortemente accresciute (vedere in proposito gli studi del prof. Vladimir Petrovikc Filatov, 1875/1956, pioniere della cheratoplastica (innesto corneale) e illustre oftalmologo russo) (5) e (6).
La vitalità dell’aloe in ambiente secco è molto elevata: una pianta sradicata e lasciata al caldo resiste per mesi e mantiene intatte le sue proprietà vitali. Teme però l’eccesso di umidità, che può portare alla formazione di muffe, al deperimento e perfino alla morte. Piogge frequenti e scarso irraggiamento solare possono portare alla perdita di intere piantagioni in pochi giorni, a causa dell’attacco del batterio Pseudomonas Syringae, che vive nel sottosuolo.
Come tutte le “piante grasse”, durante la stagione umida l’aloe accumula acqua, e allora le foglie sono rigonfie e lo spessore aumenta anche di 2-3 centimetri o più, con la faccia superiore poco concava; durante la stagione secca consuma l’acqua accumulata e allora le foglie sono sottili, flessibili, quasi arrotolate e quindi con la faccia superiore fortemente concava.
Le regioni più idonee alla coltivazione di Aloe Barbadensis e di Aloe Arborescens (le varietà più utili a scopo medico) sono quelle a clima caldo e temperato, con sufficienti precipitazioni, così da non obbligare la pianta a ricorrere alle proprie riserve idriche.
L’aloe vera sopporta alte temperature estive, anche se queste non favoriscono il suo sviluppo. Le temperature più idonee sono comprese tra i 20 ed i 25 gradi centigradi, senza grandi differenze tra il giorno e la notte. L’aloe arborescens sopporta invece temperature più basse ed essendo anche più resistente dell’aloe vera, è più adatta ai nostri climi. Né l’una né l’altra sopportano però il gelo.
Le foglie dell’aloe sono caratterizzate da un idrenchima centrale spugnoso (tessuto acquoso) che in molte specie si presenta traslucido e semi-trasparente (chiamato gel o popolarmente in Sudamerica cristal) ricco di acqua (95%), carboidrati, aminoacidi, proteine, acidi organici, sali minerali e vitamine, circondato da uno strato esterno di tessuto parenchimatoso verde (salvo in alcune specie dove si può presentare di colore brunastro o verde maculato bianco-giallastro).

Sezione di foglia di Aloe Vera Barbadensis
Gel (trasparente) e parenchima (verde scuro) in evidenza
(Foto di Giuseppe Limido)

Il tessuto parenchimatoso, che si presenta più solido e elastico, contiene fasci di fibre e cellule secretorie chiamate “aloin cells” ripiene di un liquido giallastro che si libera quando le foglie vengono tagliate o incise (“sangue dell’aloe”) e cristalli di ossalato di calcio.

Foglie di Aloe Vera Barbadensis e “sangue” dell’Aloe
(Foto di Giuseppe Limido)

A partire dall’età adulta, che la pianta raggiunge in pochi mesi nelle specie erbacee, o in diversi anni nelle specie arboree, l’aloe fiorisce ogni anno, ai nostri climi alla fine dell’inverno. Nell’emisfero australe invece fiorisce alla fine della nostra estate, che corrisponde comunque all’inverno locale.

Aloe Hereroensis
(Sandaalwyn)
in fiore
Namibia- agosto 2007
(Foto di Giuseppe Limido)

La fruttificazione da noi avviene raramente, dato che per produrre i semi la pianta deve essere impollinata da individui geneticamente diversi, vale a dire non derivanti, direttamente o indirettamente, da una stessa talea. Purtroppo la maggior parte delle piante nostrane sono state riprodotte in questo modo o a partire da polloni (riproduzione agamica), e quindi non hanno fruttificazione o risultano sterili. In compenso alcune specie, come ad esempio l’Aloe Arborescens, si incrociano molto facilmente con specie diverse, dando origine a numerose e nuove specie di ibridi, di uso difficoltoso in medicina, dato che il contenuto in principi attivi può variare assai sia in più che in meno (vedi ricerca dell’A.M-A. (3)).

Aloe Arborescens (ibrido) – Namibia_agosto 2007
(Foto di Giuseppe Limido)

1 commento

  1. Mauro PATRILE says:

    Buonasera
    Volevo chiedervi se l’Aloe Arborescens e l’Aloe Frutescens possiedono le medesime propietà medicamentose
    Grazie Mille
    Mauro

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