TESI - cap. 2.10 Il preparato secondo la ricetta di Padre Romano Zago

Il frullato è il modo più comune e tradizionale di usare l’aloe, specialmente per il trattamento del cancro.
Altre utilizzazioni sono quelle topiche, consistenti nell’applicazione della foglia fresca aperta dell’aloe (meglio la varietà Vera oppure la Saponaria o anche la Chinensis) direttamente sulla pelle, su ferite, ustioni, parti infiammate o colpite da dermatiti o altre malattie cutanee (vedi anche nota *1).
Qui ripetiamo la forma corretta del preparato, secondo la ricetta di Padre Romano Zago. Occorre ricordare che Padre Romano non è l’inventore della ricetta, ma ha avuto il merito di divulgare nel mondo questa formula tradizionalmente nota in Brasile ed utilizzata per curare non solo il cancro, ma anche una molteplicità di malattie e disturbi. Nel libro di Roberto Romiti (27) il frullato d’aloe è considerato efficace “… per varie malattie della pelle, per le ulcere, per accelerare la guarigione delle ferite, per l’insonnia, per vari disturbi dello stomaco, stipsi, emorroidi, pruriti, ustioni da sole, mal di testa, per aumentare l’energia sessuale, per infezioni della vescica e dei reni, per facilitare la crescita dei capelli. .
Funziona per ustioni da radiazioni, regolatore intestinale, stimola l’attività del cuore, ha un effetto inibitore sulle cellule morte e facilita la crescita delle cellule sane, inibisce la crescita dei batteri…, usato per casi di aids, cancro, tumori…”
Ecco le modalità di preparazione e la composizione della ricetta originale, così come riportate dall’A.M.A. dietro autorizzazione e riconoscimento direttamente da parte di Padre Romano Zago:

Si utilizzano 350-400 grammi circa di foglie di pianta adulta di “aloe arborescens” raccolte all’alba o al tramonto e lontano almeno 5 giorni da piogge o annaffiature.
Si puliscono le foglie con un panno leggermente umido senza assolutamente lavarle.
Con un coltello si tagliano poi le spine laterali, il colletto, le punte e le parti della foglia danneggiate o secche e poi si mettono a pezzetti in un frullatore. Si consiglia di aver cura di non eseguire tutte queste operazioni, e le successive, in presenza di luce diretta di lampade o del giorno; solo poca luce e indiretta…
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Si aggiungono nel frullatore 4-5 cucchiai di grappa morbida “40°”(a seconda dei casi la grappa può essere anche meno) e 500 grammi di miele biologico — meglio se di acacia — (a seconda dei casi anche il miele può ridursi fino a 200 grammi ed anche meno).
Si frulla bene il tutto fino ad ottenere una crema omogenea ed il preparato è pronto. Occorre solo versarlo in un barattolo di vetro di capacità adeguata, munito di coperchio a sigillo, andrà riparato dalla luce con una protezione di carta stagnola, stoffa, carta od altro e conservato in luogo fresco (circa 5°, non meno).

A seconda delle necessità, dopo che il frullato avrà decantato, si può togliere una buona parte della sostanza fibrosa che tende ad emergere nel barattolo. Tale operazione manterrà al preparato tutti i principi attivi che si trovano nel gel interno e soprattutto nel succo o linfa che scorre nei tubercoli della buccia, ma si eviterà l’azione leggermente abrasiva che le fibre inevitabilmente esercitano sulle mucose e sulle pareti intestinali (che può rivelarsi particolarmente fastidiosa soprattutto per soggetti sensibili o chemiotrattati – n.d.a.) .
Le dosi consigliate sono di un cucchiaio da minestra (corrispondente a circa 10 gr-n.d.a.), meglio se di plastica, tre volte al giorno, circa venti minuti prima di mangiare e quindi a digiuno. Nei primi giorni si possono osservare leggeri disturbi intestinali; non c’è da preoccuparsi, nulla di più normale di un po’ di “pulizia”.
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Proseguire fino a ultimare il preparato. Dopo un intervallo di alcuni giorni, ripetere con dosaggio maggiore.
(ricetta riportata dal libro: “L’aloe: dall’empirismo alle conferme scientifiche”, scritto e stampato a cura dell’ A.M.A., Associazione Maremmana Amici Aloe).

Frullato d’Aloe pronto per l’uso
(Foto di Giuseppe Limido)

Oltre all’Aloe Arborescens si possono usare anche altri tipi di aloe, in special modo l’Aloe Vera Barbadensis. Se quest’ultima presentasse foglie molto carnose e ricche di gel, come spesso accade, aumentare la quantità dell’aloe (per esempio raddoppiandola) e del liquore, senza aumentare il miele, e consumare il preparato nello stesso arco di tempo, aumentando il numero di cucchiai da assumere (per esempio assumerne il doppio). Ricordiamo infatti che i principi maggiormente attivi nei confronti del cancro sono presenti esclusivamente nel parenchima della foglie (la parte esterna) e non nel gel, che comunque è a propria volta ricco di preziosi elementi e svolge un’azione emolliente e antinfiammatoria anche a livello intestinale. Quindi chi non dovesse sopportare l’assunzione del frullato di Aloe Arborescens a causa di una iper-sensibilità intestinale (dovuta per esempio alla chemioterapia) può: 1) filtrare le fibre come precedentemente consigliato e 2) aggiungere al frullato del gel di aloe in più, raddoppiando la dose delle foglie (es; 700-800 gr. invece che 350-400 gr) ed eliminando la parte esterna (verde e dura, cioè il parenchima) di una metà di esse soltanto. Oppure può provare ad usare l’Aloe Vera Barbadensis, come sopra indicato, che è di per sè assai più ricca di gel, aumentandone naturalmente la dose.
Alcuni autori riferiscono una maggiore attività biologica (P. Giordo (3)) o una maggior presenza di principi attivi nell’Aloe Arborescens rispetto alla Vera (G. Nacci (19)). Noi sospettiamo che ciò sia dovuto alla maggior quantità di gel (privo di antrachinoni) presente nella Vera, ragione per cui abbiamo consigliato di consumarne di più. Come detto il gel è comunque ricco di sostanze preziose e svolge anzi un’ottima azione lenitiva sullo stomaco e l’intestino, effetto sempre benvenuto in pazienti con disturbi digestivi, chemiotrattati o irradiati.

Le foglie vanno raccolte al buio o al crepuscolo (meno luce c’è e meglio è).

Sono ritenuti importanti anche i seguenti punti:

1) Il miele deve essere biologico, possibilmente d’acacia, come indicano alcuni autori. Un no assoluto ai mieli “millefiori” di incerta provenienza, industrializzati, pastorizzati e comunque trattati, perché il miele serve da veicolante per i principi attivi, che possono essere alterati e resi inefficaci da sostanze estranee presenti nei mieli industriali. Bisogna stare in guardia anche da mieli prodotti in zone inquinate o trattate con pesticidi, dove le api possono bottinare assieme al nettare anche pericolosi veleni. Anche alcuni mieli biologici, di per sè di ottima qualità perchè provenienti da puri prati di montagna, se prodotti durante il periodo di fioritura dell’aconito (Aconitus Napellus) possono risultare tossici. Anche le acacie crescono spesso in pianura, vicino ad industrie e a centri abitati e possono risultare cariche di smog e inquinamento. Per questo motivo noi personalmente preferiamo usare e consigliare il miele di castagno, dato che questi alberi crescono in montagna, in zone ormai quasi totalmente spopolate e ben lontane dalle industrie.

2) Le foglie devono provenire da piante vecchie di almeno 3/5 anni e non devono essere troppo ingiallite o rinsecchite. Evitare anche le foglie centrali con macule chiare. Ovviamente va usata la foglia intera, parte verde compresa, e non il solo gel.

3) Evitare contenitori in alluminio o in ferro, che inattivano alcuni dei componenti.

4) Conservare in frigorifero (4°-5°) e al riparo dalla luce (barattoli scuri o meglio avvolti da stagnola) e consumare entro un mese dalla preparazione. Alcune pubblicazioni, chissà perché, prescrivono di non porre il frullato in frigorifero, suggerimento secondo noi CERTAMENTE ERRATO, come hanno dimostrato le analisi effettuate all’Università di Pisa per conto dell’A.M.A.: in frigorifero le sostanze si mantengono attive molto più a lungo e si rallenta in modo sostanziale la proliferazione di pericolose muffe (le aflotossine delle muffe sono cancerogene, e il gorgonzola non c’entra e non va citato come esempio di innocuità, perché questo saporito formaggio viene prodotto infettando appositamente la forma non ancora matura mediante “iniezioni” – si usano proprio delle siringhe – di uno dei rari ceppi di muffe ad uso alimentare, non pericolose). Noi suggeriremmo di aggiungere nel frullatore anche 10 grammi circa di acido ascorbico in polvere (vitamina C), in funzione di anti-ossidante, per rafforzare l’azione della vitamina C già presente nel gel, che protegge egregiamente quest’ultimo dalle ossidazioni fintantoché esso si trova all’interno della foglia, ma che potrebbe rivelarsi insufficiente quando il gel viene frullato ed esposto all’aria per 2 o 3 settimane. Industrialmente infatti per permettere la conservazione e la distribuzione del gel d’aloe in flaconi, altrimenti deperibile in breve tempo, si aggiungono vitamina C (acido ascorbico), vitamina E (tocoferolo) e sorbitolo come anti-ossidanti, procedimento scoperto e brevettato da Bill Coats, fondatore dell’ ”Aloe Vera of America”.

Il dott. G.Nacci (19) consiglia anche di aggiungere al frullato del germanio organico (bis-carbossietile germanio sesquiossido, o Ge 132) o di aggiungere germanio inorganico al terreno di coltivazione, dato che tale arricchimento aumenta le proprietà terapeutiche della pianta.
Il germanio inorganico (assai meno costoso del Ge 132) è tossico per gli esseri umani, ma nella pianta si trasforma in germanio organico, che possiede già di per sé riconosciute proprietà anti-cancro (vedi la parte di questa tesi dedicata al germanio).

Il composto preparato va agitato prima dell’uso e consumato completamente, cosa che dovrebbe avvenire in 2 o 3 settimane (= 1 ciclo di trattamento). I malati devono ripetere 2 o 3 cicli. Se dopo 3 cicli non si sono ottenuti miglioramenti, raddoppiare la dose giornaliera (assumere 2 cucchiai per volta invece di 1).
In casi gravi si è arrivati a dosaggi di 2 cucchiai da minestra ogni 2-3 ore, per un totale di 18-20 cucchiai al giorno ( G. Nacci (19)).
E’ opportuno lasciar trascorrere 10/15 giorni fra un ciclo e l’altro, per evitare problemi di “assuefazione” e conseguente calo dell’efficacia terapeutica.

Le dosi e la durata della cura possono essere modulate a seconda delle condizioni del paziente.
Occorre bere anche molti liquidi, meglio se lontano dai pasti.
I pazienti chemiotrattati o sottoposti a chemioterapia possono senz’altro assumere il frullato d’aloe come terapia integrativa, ottenendo anche la riduzione di alcuni effetti collaterali della chemio.
Per i malati di cancro è essenziale seguire almeno fino a guarigione avvenuta una dieta opportuna, eliminando tutti i “cibi spazzatura” (zucchero in tutte le sue forme, anche di canna, e quindi naturalmente tutti i dolci, gelati, cioccolato, bibite, “succhi di frutta” industrializzati etc., farina bianca raffinata, salumi, fritti, scatolame, alimenti precotti o conservati etc), eliminando anche carne e proteine animali, latte e latticini, limitando fortemente o meglio eliminando del tutto il sale, il caffè, l’alcool, privilegiando frutta e verdura fresche e di stagione, possibilmente biologiche. L’ideale sarebbe seguire la dieta Gerson (3bis) o almeno avvicinarsi il più possibile ad essa, integratori compresi.
Il dott. Nacci prescrive nel suo protocollo di integrare l’aloe con 10-15 portate di frutta e verdure fresche e crude (abbondando con la barbabietola rossa, come suggerito da Alix (13) e coi frutti di bosco), 1-2 grammi di Ganoderma Lucidum, 1-2 grammi di gambo di ananas, 5-6 mandorle di albicocca (io suggerisco 10/15, se non addirittura, in modo progressivo, 50 al giorno-vedi capitolo sul laetrile) e almeno 250 mg di germanio organico. Senza dimenticare anche il selenio, suggeriamo noi, e la melatonina, meglio se a lento rilascio (R. Romiti (26), W. Pierpaoli (32) e anche Di Bella…).

Come ben si vede l’aloe si sposa bene con terapie e prodotti diversi, che completa e integra in modo positivo e senza creare incompatibilità. D’altro canto l’aloe è essenzialmente un sano e prezioso alimento naturale, del resto ancor oggi largamente consumato in quanto tale nel longevo Giappone, in grado di apportare grandi benefici sia ai sani che ai malati.

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