TESI - cap. 7.02 Del modo di fumare: preservare il gusto subendo poche conseguenze

Il fumatore di pipa aspira il fumo solo nella bocca, lo trattiene, lo fa rigirare per meglio assaporarne l’aroma, e lo espelle dal naso o dalla bocca stessa. In caso di abuso potrà soffrire di cancro alla lingua, al palato, alla gola superiore e al naso.

Il fumatore di sigarette aspira il fumo in bocca, lo affonda nei polmoni e lo espelle dal naso o dalla bocca. In caso di abuso potrà soffrire di cancro alla bocca, al palato, alla gola superiore, al naso, analogamente al fumatore di pipa, ma anche alla gola inferiore, alla trachea, ai polmoni e ad altre parti del corpo. Il monossido di carbonio e i catrami presenti nel fumo, passando direttamente nel sangue attraverso gli alveoli polmonari, possono raggiungere ogni parte del corpo, avvelenandolo e soprattutto limitando la respirazione cellulare, cioè riducendo l’apporto di ossigeno all’interno delle cellule e principalmente dei mitocondri, il che equivale a dire che stresserà questi ultimi contribuendo ad incitarli a gettare la spugna, ad andarsene e ad abbandonare la cellula al suo destino fermentativo ( = cancro! Vedi Nota *2 annessa al capitolo riguardante l’ascorbato di potassio).

La differenza sta tutta qui: aspirare il fumo fin nelle profondità dei polmoni è molto più dannoso e pericoloso che trattenerlo soltanto in bocca ed espellerlo. Ovviamente più fumo si inala e più danni si rischia di causare, e ciò vale su una scala a curva esponenziale: 2/3 sigarette al giorno, profondamente inalate nei polmoni creano un piccolo danno rimediabile da parte degli organismi di autodifesa del corpo; 4/6 sigarette nello stesso giorno creano un danno maggiore del doppio di quello creato da 2/3 sigarette; 8/12 sigarette creano un danno assai maggiore del doppio di quello creato da 4/6; 16/32 sigarette al giorno creano un danno incomparabilmente maggiore del doppio di quello creato da 8/12 sigarette….un danno continuo che può rivelarsi alla lunga insostenibile per i meccanismi di autodifesa del corpo.
Il fatto è che è sempre l’ultimo bicchiere o l’ultimo pugno che ti manda al tappeto, come sostengono non senza qualche ragione i bevitori ed i pugili. A differenza dei “fortunati” pugili che vanno al tappeto immediatamente, in genere senza riportare danni irreparabili (seguiti a ruota dagli allegri ubriachi), il problema nel caso del fumo è che l’effetto (cioè nel caso relativo alla nostra discussione l’apparire del cancro) si vede solo a posteriori, dopo anni, quando ormai è troppo tardi per correre ai ripari. Purtroppo noi non conosciamo la nostra tolleranza a lungo termine perché ogni organismo è diverso e il cancro impiega anni per manifestarsi (secondo alcune informate fonti (J. C. Alix (O), D. Gingras e R. Béliveau (N) e altri) da un anno a più di dieci anni).
E’ quindi di vitale importanza “non bere l’ultimo bicchiere” per non stramazzare, dopo anni, a terra, vale a dire cercare a tutti i costi di contenere la quantità di veleno messa in circolo tramite il fumo (che come ricordiamo crea danni via via esponenzialmente superiori rispetto alla quantità assunta) al di sotto dei limiti massimi sopportabili dall’organismo, cioè entro l’ammontare che può essere neutralizzato senza cadere in un progressivo accumularsi, facendoci oltrepassare il punto di non ritorno ( il ghiaccio non fonde anche se si riscalda di 29° passando da -30° a -1°, ma fonderà certamente riscaldandosi ancora anche solo di un grado. Analogamente una cellula può sopravvivere quasi normalmente anche se fattori ostili, fra cui il fumo, ne riducono la capacità respiratoria del 35% circa, ma inesorabilmente precipiterà in un metabolismo fermentativo, cioè diverrà cancerosa, quando l’apporto di ossigeno, forse proprio a causa dell’ “ultimo pugno” sferrato dal carico di veleni dell’ultima sigaretta della giornata, scenderà sotto tale limite (L e M)).

E’ quindi assolutamente necessario mantenere l’apporto di veleni ad un livello basso o comunque al di sotto di un limite tollerabile dal nostro organismo.

Ciò NON significa meramente ridurre il numero di sigarette fumato.

Esistono due vie:

1) Aumentare la tolleranza dell’organismo ai danni e aiutarlo a liberarsi dalle tossine in eccesso.

Abbiamo già visto come fare, utilizzando degli integratori protettivi, migliorando la dieta ed utilizzando dei potenti sistemi di disintossicazione naturale. Certo non sarebbe molto saggio incamerare questi “benefit” per poter fumare di più senza troppi rischi, un po’ come facevano gli alcolizzati russi, che a detta della vecchia “babuska” bevevano il Kombucha per poter tracannare una maggior quantità di vodka senza toppi problemi (vedi in questa tesi il capitolo dedicato al Kombucha). Occorre mettere in pratica anche il punto seguente.

2) Diminuire la quantità di veleni assunti.
Questo si può fare sia diminuendo la quantità di sigarette (sistema ovvio ma aborrito dai fumatori incalliti, quindi di scarsa applicazione e che lascio alla buona volontà di ognuno) sia modificando il modo di fumare, cosa che si può progressivamente ottenere in pochi mesi quasi senza fatica.
Ciò che fa maggiormente male, come abbiamo visto, è il veleno messo in circolo attraverso i polmoni, quindi meno veleno si manda giù e meglio è. Ciò deve avvenire a parità di piacere e gratificazione personale, o almeno senza sensibili diminuzioni per non creare controproducenti levate di scudi da parte dell’assuefatto fumatore di turno.
Orbene è scientificamente appurato (e ognuno può rendersene conto da sé) che la maggior parte del piacere che il fumatore ricava sta: A) nell’aspettativa di fumarsi la propria sigaretta; B) nella pausa di rilassamento che ci si concede; C) nell’accensione della sigaretta; D) nelle prime due o tre boccate; E) nella gestualità connessa al fumo e nella visione del fumo che si emette (se non concordate su quest’ultimo punto, che in effetti è un po’ meno evidente e più sottile degli altri quattro, riflettete sul fatto che nel buio totale si fuma molto meno e che ben pochi fumano con le mani in tasca).
Da metà sigaretta in poi il piacere che si ricava è ben poca cosa rispetto alla prima metà. In compenso il danno che se ne ricava è assai maggiore della metà del danno totale creato da una sigaretta intera, perché nicotina, condensati e catrame si concentrano nella parte bassa, che agisce da filtro. Inoltre come precedentemente detto il danno aumenta in modo più che proporzionale alla quantità di veleno assunta, e ciò vale sia nel lunghissimo che nel brevissimo periodo, sia a livello locale che a livello del sistema generale (“come è sopra, è sotto” direbbe Ermete Trismegisto, “quod est inferius, est sicut quod est superius, et quod est superius, est sicut quod est inferius” – Tavola Smeraldina).
Oltre al danno anche la beffa, il buon profumo e il buon sapore del tabacco fresco da metà sigaretta in poi spariscono quasi completamente, lasciando il posto alla sporca e stantia pesantezza dei condensati di catrame.

La conclusione è ovvia: si eviterà un grave danno, rinunciando soltanto ad una piccolissima parte di piacere e di soddisfazione, gettando la sigaretta quando non è ancora del tutto finita.
Si può iniziare con gradualità, scartando dapprima solo un centimetro, dopo qualche tempo due, poi tre (la parte in tabacco di una sigaretta è mediamente lunga 5,5 cm).
Quando tale modo d’agire sarà diventato un’abitudine (vedi Nota *3), concedersi la soddisfazione (conservando un piacere quasi totale) di fumare un intero pacchetto da 20 sigarette al giorno comporterà l’inalazione del fumo corrispondente a soltanto 10 delle “vecchie” sigarette, presumibilmente con un danno totale inferiore a quello causato soltanto dalle ultime 5 “vecchie sigarette” (quelle dalla quindicesima alla ventesima dato che, come abbiamo visto, i danni aumentano esponenzialmente rispetto alle quantità di veleni assunti).

Ulteriori benefici si potranno avere inalando il fumo un po’ meno profondamente, aspirando boccate un po’ più piccole, emettendo un po’ più in fretta il fumo aspirato senza trattenerlo a lungo nei polmoni, lasciando trascorrere un po’ più di tempo fra una “tirata” e l’altra… A piccoli passi, quasi senza fatica e quasi senza rendervene conto, scoprirete un bel giorno che l’intossicazione da nicotina nascostamente se ne è andata, proprio come nascostamente ve l’eravate trovata addosso quando avevate iniziato a fumare.
A questo punto le sigarette non saranno più un problema, né per voi, né soprattutto per il vostro organismo!

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